venerdì 6 febbraio 2009

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON di David Fincher

Davvero incredibile che si possano investire tante energie, tanto denaro, tanta tecnica del trucco e un’idea così accattivante come quella di raccontare di un uomo che nasce vecchio e che percorre la vita all’indietro fino a ritrovarsi nella culla, per creare un prodotto così infimo.
Le voci narranti dei due protagonisti che spiegano, scena per scena, tutto ciò che sta per succedere è semplicemente paradossale. Per quanto inutile, poiché tutti gli accadimenti sono scontati dall’inizio alla fine. Dialoghi infantili, che hanno il solo scopo di spiegare punto per punto l’evolversi degli eventi. Non si sfrutta neanche la prevedibile meraviglia di chi s’imbatte nella vita dell’uomo “al contrario”: Pare sempre che tutto e per tutti, sia scontato e normale. Recitazione svogliata, come quasi a rendersi conto che stanno costruendo un film freddo e palloso. Un vero polpettone insulso. Brad Pitt non cambia espressione in nessuna circostanza, né davanti alle tragedie, né davanti alle gioie, a parte la piega della bocca. L’unico bravo attore, a mio parere, il bambino adolescente nella parte finale del film.
Fotografia da cartoline ricordo o fondo del desktop. Accompagnamento musicale buttato lì.
Possibile che ancora si facciano “film”, si fa per dire, dove didatticamente si spiega ciò che sta per accadere e subito dopo si espone sistematicamente attraverso la pellicola ciò che la voce narrante ha detto. Anche le cose più frivole. Ho trovato più professionalità in una telenovela. Ho sperato che finisse alla svelta, ma tutto questo squallore dura 2 ore e 47 minuti.

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