domenica 2 agosto 2009

NORTH FACE di Philipp Stolzl

Pur essendo un film incentrato sulla conquista delle grandi vette, in realtà ci mostra la nostra innata volontà di sprofondare “nell’abisso”.
Spesso per troppa leggerezza nella valutazione delle conseguenze o per troppo fatalismo nella sfida contro il caso.
Certe imprese, reali sfide verso se stessi o verso il prossimo, se da un lato accorciano i tempi per lo sviluppo dell’esperienza nella razza umana, dall’altra possono essere foriere di grandi tragedie e di tremende sofferenze.
Rapportate al quotidiano, non sono dissimili da certi comportamenti che ci portano a scelte avventate e destinate a portarci in trappole esistenziali di cui non è facile vederne la scappatoia.
Decidiamo di portarci in casa un cagnolino, incoscientemente ne sottolineiamo gli aspetti positivi, ma, se la scelta non è ben motivata, alle prime difficoltà e dopo i primi inevitabili sacrifici, lo rivedremo abbandonato in un’autostrada.
Quando ci illudiamo, non confortati dalle leggi matematico-statistiche, di risolvere i problemi economici mettendo a rischio i propri risparmi, confidando nel gioco o nel prestito per poi ritrovarci oppressi dalla disperazione.
Se, poi, si sottovalutano, politicamente, certi atteggiamenti di tipo autoritario, razzistici o quanto meno populistici, ci si può incanalare nello stesso “tunnel di non ritorno”, con inevitabili tragiche conseguenze, anche se inizialmente ci procuravano solo ilarità.
Allorché sottovalutiamo lo scempio verso la natura per fabbricare cose “usa e getta” o inutili o snobbiamo il rischio del cambiamento climatico, procediamo con lo stesso fatalismo del protagonista che “sgancia la fune” precludendosi la via del ritorno.
Non ultima, l’illusione, in economia, di poter allungare la corda all’infinito, senza considerare che poi, i nodi debbano venire al pettine, con l’inevitabile tracollo.
L’arte cinematografica, penso sia la più moderna e avanzata forma artistica a disposizione dell’essere umano. Tutti i modi e i tentativi di rappresentare la realtà per poi lasciarla come testimonianza ai posteri, si sono avvalsi di ciò che la tecnica poteva mettere a disposizione nelle varie epoche.
Dagli animali tratteggiati nelle pareti delle grotte, il percorso artistico, rappresentato poi dalla pittura, la scultura, il teatro, la fotografia, anche se sono ancora tutti validi strumenti di rappresentazione artistica, è approdato alla cinematografia che li compendia tutti.
Con questo mezzo la realtà si ricrea, elaborandola artisticamente e manipolandone spazio e tempo, proiettandoci anche emozioni ed è ormai in via di sviluppo la capacità di donarci la terza dimensione: la profondità.
Non si può perdere questo stupendo film, perché la bravura e la meticolosità del regista nel restituirci dei momenti di vita passata in un film così iperrealista da apparire un perfetto documentario, ci lascia esterrefatti e riflessivi nello stesso tempo.
Sperando che non venga inutilmente doppiato, penso che questo film non sarà facile dimenticarlo.